Nuto

Nuto Revelli era partito per la Russia come ufficiale degli alpini (quindi, ovviamente, come ufficiale dell’esercito fascista).
Scampò alla sanguinaria beffa del Don e tornò antifascista, carico di lettere, piastrine e tutto quello che poteva servire a identificare i “suoi” alpini che aveva dovuto lasciare insepolti in un’immensa tomba di neve.
Salì sulle montagne, da partigiano.
Posato il mitra iniziò un’altra guerriglia, culturale: si arrampicò per le valli e le borgate del cuneese e si mise ad ascoltare e registrare le voci di quei “vinti”, quegli esuli in patria che erano stati sfruttati e ingannati per vite intere, vite scandite da ben due guerre mondiali e una dittatura infame. E ora da una democrazia tradita e incompiuta, che svuotava le borgate e i campi dando in cambio le briciole del benessere dei padroni di sempre.

Ho aderito al progetto di Paolo Senor di ridare voce a qualcuno di quei nomi e sono nati due spettacoli:

Precedenza alle voci dunque, ai racconti. Con il minimo indispensabile di canto e musica, di danza, di corporeità, in un’unione di linguaggi espressivi popolari.

Siamo contenti di portare queste voci in scena in montagna, perché lì sono nate. Perché la cima, il rifugio, la polenta, il racconto, bisogna guadagnarseli misurando i passi.

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